vendredi 8 juillet 2016



I CONTADINI SI ARROSTISCONO AL SOLE, MALPEZZI NON SPOSTA ALL’OMBRA IL LORO MERCATINO
Duro botta e risposta tra agricoltori che vendono direttamente i propri prodotti al mercato del contadino in piazzale Pancrazi, davanti allo Stadio, ed il sindaco Malpezzi. I ‘contadini’ vorrebbero, come si faceva gli anni scorsi, poter alloggiare le proprie bancarelle all’ombra dgli alberi che fronteggiano via Oberdan ma il primo cittadino quest’anno ha dato un secco (e motivato) no.
Questo il botta e risposta:
“Buongiorno signor Sindaco, sono la titolare della Vernelli Az. Agricola Biologica che partecipa al Mercato del Contadino di Faenza, nonchè referente per i produttori aderenti a Confagricoltura. Le scrivo in merito alla decisione della sua giunta di non spostare, per questa estate, i posteggi del mercato del contadino dal pieno sole sull'asfalto, sotto il viale di Tigli.
Intanto la informo che la vostra decisione ci è stata comunicata con due semplici righe di diniego, senza darci nessuna motivazione plausibile, mentre sarebbe stato molto cortese e sicuramente auspicabile fosse stata accompagnata da due righe di motivazioni. Le dico questo perchè ci sono state diversi produttori al mercato, che peraltro hanno il posteggio già all'ombra, tra cui la sottoscritta, che si sono adoperate impegnando molto del pochissimo tempo che loro rimane libero dall'impegnativo lavoro in campagna, per mettere d'accordo tutte le aziende, in modo che nessuna e ribadisco nessuna fosse scontenta del nuovo posto a lei assegnato; persone che hanno la sensibilità di capire che non ha senso vedere colleghi buttare via già a metà mercato parte del frutto del loro durissimo lavoro, e che per questo hanno cercato di sensibilizzare anche gli altri produttori, quelli all'ombra appunto, contrari inizialmente a qualunque cambiamento, per cercare di cambiare quello che ormai è l'atteggiamento all'italiana "se il problema è il suo non è il mio" e che è veramente faticoso sradicare. Questa volta con tanta pazienza ci eravamo riusciti. A tutte le aziende era chiaro che anche i colleghi avevano diritto a un posteggio che valorizzasse il loro lavoro e non lo penalizzasse pesantemente. Quale è stato dunque il problema della giunta? Mi auguro non si tratti di sola viabilità o mancanza di tempo da parte dei vigili nell'apporre i cartelli, perchè, come tutti gli anni molti di noi produttori erano disponibili a dare una mano la sera per segnare piazzole, scrivere cartelli e apporre nastro segnaletico.
Non mi risponda qui, la prego, perchè la sua risposta sarebbe troppo in "politichese" per me! L'aspetto invece al mercato in piazzale Pancrazi, a constatare di persona quale è la reale situazione.
Una battuta me la conceda però, con tutto il rispetto che comunque le porto: se la sua giunta non è in grado di seguire il buon senso per trovare una soluzione, peraltro già più che collaudata da tre anni di esperienza, ad un problema così semplice, non so veramente con che spirito possa essere in grado di affrontare situazioni più complicate di questa. La saluto comunque cordialmente e le auguro possa proseguire il suo lavoro prendendo decisioni sempre sagge e mai superficiali.
Mari Rizzo. Azienda Agricola Biologica Vernelli”


La risposta di Malpezzi: “Gentile Sig.ra Rizzo,
prima di esprimere giudizi così perentori, tacciando di superficialità il sottoscritto e la giunta che governo, provi ad ascoltare almeno le motivazioni assunte per non concedere lo spostamento del mercato del contadino sotto gli alberi di via Oberdan per i mesi estivi. Dopo tre anni di sperimentazione (a riprova che questa Giunta non è sorda alle istanze dei cittadini) in virtù dell'esperienza (negativa) fatta, la Polizia Municipale ci ha sconsigliato di concedere nuovamente tale spostamento, principalmente per motivi di viabilità nel parcheggio di Piazzale Pancrazi.
Chiudere l'accesso da via Oberdan, mantenendo solo quello da via Medaglie d'Oro avrebbe causato problematiche di intasamento in entrata/uscita, considerate le centinaia di auto che accedono alla piscina, al parco, al mercato, e al bus navetta.
D'altra parte, mantenere invece aperto l'accesso da via Oberdan avrebbe esposto i pedoni a passeggio per il mercato a rischi.
Inoltre, la contiguità fra le bancherelle e le auto in manovra nelle parti del parcheggio non occupate dal mercato, avrebbe creato ulteriori rischi per i pedoni.
In ultimo, negli anni passati, proprio la contiguità fra gli spazi riservati al mercato e gli stalli per la sosta ha creato disorientamento in coloro che utilizzano il parcheggio, con incremento notevole delle auto da rimuovere ogni volta col carro attrezzi per fare posto al mercato.
Non le dico le rimostranze dei cittadini multati e privati dell'auto (da andare a ritirare al deposito ...).
Se per lei questi non sono argomenti validi...
cordiali saluti.
G.Malpezzi”
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Faenza Net


dimanche 20 décembre 2015

Mix energetico Uruguay

RINNOVABILI IN URUGUAY: REPUBBLICA.IT SCRIVE COSE FANTASCIENTIFICHE

-Tentare di presentare l’Uruguay come un mix energetico da seguire per l’Italia è come scrivere un romanzo di fantascienza.- 


Eppure è questo che ha fatto Johnatan Watts sul Guardian con il compiacimento della redazione digitale di Repubblica che ne ha tradotto l’articolo.  Basta poco a qualche giornalista per smaniare a convincere il pubblico che entro pochi anni si andrà a rinnovabili. Bastano pure quattro conti in croce per dimostrare con dati alla mano di quanto si sbagliano.

L'articolo nasce da uno scambio di corrispondenza tra Renzo Riva (link)  e me medesimo. 

Partiamo dalla seguente tabella che rappresenta la composizione del mix energetico dell’Uruguay negli ultimi 2 anni (2014-2015).



La tabella racconta una storia differente da quella raccontata da Watts. L’ 82% dell’energia in Uruguay è prodotta da centrali idroelettriche, in primis la centrale di “Salto Grande” posta sul fiume Uruguay che ha una portata media di 4622 m³/sec, con una portata massima nell’inverno e primavera australe da Giugno a Ottobre. Per fare un paragone, se in Italia vi fosse la possibilità di costruire una centrale idroelettrica sul Po’ che ha una portata media di 1540 m³/sec, tale centrale svilupperebbe approssimativamente una potenza elettrica almeno tre volte inferiore a quella di Salto Grande, anche se bisognerebbe tenere in conto l'energia potenziale generata dall'ipotetico dislivello verticale.  


Eppure l’articolo di Watts non fornisce alcun dettaglio ed alcuna particolare enfasi all’energia idro-elettrica in Uruguay, anzi la riduce d’importanza, avendo il coraggio di parlare di “periodi di siccità”, quando la portata minima del fiume Uruguay è di gran lunga superiore alla portata massima del Po’. Come pure Watts non parla degli investimenti idro-elettrici che l’Uruguay ha pianificato.  Qui sotto avete la portata media mensile del fiume Uruguay. Il minimo è a Gennaio (mese estivo) con 3714 m³/sec contro la portata massima mensile  del Po' di 1936m³/sec. 



Invece di parlare degli aspetti più importanti del mix energetico uruguiano,  Johnatan Watts parla di “energia eolica” e di “biomasse” che rappresentano in totale il 12% del mix. Il rimanente 6% è energia termica nel 2014, che diventa 8% nel 2015 (probabilmente a causa di periodi manutentivi della diga di Salto Grande). Tutto in Uruguay ruota attorno all’energia idroelettrica, grazie agli enormi bacini idrografici di cui dispone in comune con l’Argentina, vale a dire i fiumi Uruguay e Rio della Plata, quest’ultimo con una portata media di 22.000 m³/secs. L'idroelettrico è, e continuerà ad essere nel futuro, la fonte primaria visto che l’energia idroelettrica è quella meno costosa e più redditizia al mondo. Non vi è quindi nulla di particolarmente innovativo nel mix energetico da apprendere e da importare dall’Uruguay in Italia od in Gran Bretagna. 

Infine una nota sul fotovoltaico in Uruguay, esso non rappresenta che il 0,0000006% del totale. L’Uruguay, pur essendo un paese con una esposizione solare migliore dell’Italia, in quanto si trova tra i 30° e i 35° di Latitudine Sud nell’emisfero australe. Più vicino all’equatore di quanto non lo sia l’Italia (il punto più a Sud della Sicilia è 36° di Latitudine Nord). L’Uruguay stima gli investimenti fotovoltaici troppo costosi ed i “campi solari” degli impianti termodinamici in diretta concorrenza con i suoi terreni agricoli, che sono più redditizi che installare campi solari. E pure questo fatto Watts lo sottace.

Quando si passa dall’analisi dei consumi energetici a quella della capacità degli impianti, il panorama non cambia di molto. Si nota che gli impianti termici turbogas hanno una capacità analoga a quella delle centrali idroelettriche. E’ ovvio  dalla tabella qui sotto che in caso di disastri ecologici che coinvolgano la diga di Salto Grande, il gas è l’alternativa, non le biomasse, non l’eolico.



Un'istantanea sui consumi elettrici per abitante di
-          Giappone =  8,6 MWh/ab
-          Germania = 7,8 MWh/ab
-          Regno Unito = 6,4 MWh/ab
-          Italia = 4,8 MWh/ab
-          Uruguay = 2.9 Mwh /ab

L’analisi dei dati “CIA factbook” rivela che:
·         L’uruguaiano medio consuma in beni e servizi circa 12.660 $ (66% del suo reddito) per anno.
·         L’italiano medio consuma in beni e servizi circa 21.341 $ (61% del suo reddito).
Inoltre in Uruguay non vi è alcuna industria energivora (ceramiche, acciaierie, ecc.) come invece ve ne sono tante in Italia.

Infine la comparazione del PIL nel 2014:
Uruguay
$71.68 miliardi
Italia
$2.135 miliardi di miliardi, ovvero triglioni

Considerazioni finali 

L'errore di Watts è quello di aver equivocato e sottaciuto le caratteristiche essenziali del mix-energetico uruguaiano nonchè la sua inesportabilità in paesi con meno volumi idrici dell'Uruguay, ma con un industria molto più sviluppata. Perchè abbia fatto tale errore non si sa: mancanza adi competenza od intenzione di manipolare una realtà in idolatria al vitello d'oro delle rinnovabili?  Voler portare ed additare ad esempio un paese agropastorale, con poche industrie, che a malapena riescono a coprire i fabbisogni interni e per una popolazione che non arriva a 3,5 milioni d’abitanti, è inaccettabile.  

Un altro studio al riguardo dell’Uruguay spiegava che gli impianti turbogas saranno quelli che il raddoppio del fabbisogno energetico dell'Uruguay, per sopperire alla crescita della domanda energetica. Questo è già evidente guardando la capacità installata del turbo gas.  

La realtà è che quando si parla di rinnovabili si è ancorata alla più antica fonte energetica al mondo, vale a dire l'acqua. I primi mulini sono stati trovati nell'attuale Iran vecchi di circa 5.000 anni. Le nuovi fonti rinnovabili non possono assicurare una fonte continuativa di energia. Troppo intermittenti causa la variabilità dei fenomeni atmosferici. La loro installazione è costosa e non sono adatte per supportare industrie energivore come la ceramica, la produzione di cemento, ed altro ancora. Vista la bassa potenza le rinnovabili non sono neanche trasmissibili a lunghe distanze, ma vanno consumate in loco. 

L’Italia nel 2008 aveva un parco di potenza installato di MW 72'000 e producibile 24 ore al giorno di MW 56'000, al netto della potenza posta fuori servizio per manutenzioni programmate e straordinarie. Oggi invece l'Italia ha installato MW 120'000 di cui sicuramente producibili 24 ore al giorno sempre e solo MW 56'000 a causa delle fonti rinnovabili che non sono permanetemente a disposizione.  Una quantità esorbitante di capacità energetica rinnovabile inutile per assicurare lo sviluppo industriale italiano. 

Per converso il Regno Unito al pari dell’Italia stanno conoscendo una deindustrializzazione facilmente dimostrabile con il calo dei consumi elettrici: Regno Unito da 6,4 MWh/ab (dato 2008) a 5,7 MWh/ab (dato 2012); Italia da 5,6 MWh/ab (dato 2008) a 4,8 MWh/ab (dato 2012).










samedi 19 décembre 2015

Achtung Italia - Riva


Mercoledì, 12 Novembre 2014 00:00

ACHTUNG ITALIA, LA LOMBARDIA CONSUMA MENO ENERGIA: LA LOCOMOTIVA SI STA FERMANDO

Written by  Renzo Riva



 – Tra i dati in possesso del CIRN (secretati e mai pubblicati) ce n'è uno esplosivo come la nitroglicerina: Milano e la Lombardia si stanno fermando. Infatti confrontando il consumo energetico del mese di ottobre di quest’anno con quello dell’ottobre 2013, per la capitale economica e morale d’Italia si registra un preoccupante – 7%, che è il dato peggiore fra tutte le regioni italiane. Già diversi anni fa noi del CIRN (Comitato Italiano per il rilancio del Nucleare) lanciavamo l’allarme del "suicidio socio-economico" che avevano voluto imboccare gli italiani. Si potrebbe dire in modo del tutto inconsapevole in quanto condizionati dalla disinformazione dei media, ma sottovalutare l'importanza della cultura e dell'analisi critica (e della buona scuola) è una colpa, perché quella sì è una scelta ed è consapevole, il resto dei guai viene di conseguenza. La scelta antinucleare è solo un tassello del più ampio mosaico di stupidità che ha pervaso questi decenni dall'epoca del boom economico. Oggi, semplicemente, si realizza ciò che era facile prevedere. Niente di nuovo sotto il sole, direi. La cosa interessante, secondo me, è che quelli che i miei connazionali considerano rimedi porteranno ad aggravare e ad accelerare il declino del nostro paese. Scommettiamo. È pur ver che dopo potrebbe tornare il sereno (del resto la storia è sempre stata caratterizzata da alti e bassi) solo che stavolta se si continuerà a disconoscere la cultura tecnico-scientifica sono convinto che ci potranno essere solo "bassi" perché il benessere si costruisce con la serietà, col lavoro e con la competenza, senza troppi discorsi. Con la scienza, quella seria, quella galileiana e non con la continua sperimentazione empirica gabellata come scienza assoluta e incontrovertibile. Noi del Cirn conosciamo, fra i tanti, un giovane ingegnere che anni fa sull’uso del fotovoltaico, esaltato dai successi che questa fonte energetica registrava nel nostro Paese già otto anni fa, mi ricordava che per “…l’uso del FV nelle acciaierie ci si stava pensando”. Che dire? Ancora una volta – ripeto - che un diploma di laurea non è sufficiente a garantire una buona, seria cultura, ma non dimentichiamo che il tipo di elettorato che ha scelto il “No al nucleare” è un elettorato che in gran parte ha frequentato le scuole secondarie superiori ed anche le università in facoltà tecnico-scientifiche; un elettorato che ha scelto di farsi “illuminare” non da personaggi come Tullio Regge – cui va il nostro affettuoso perpetuo ricordo – bensì da Di Pietro e Pecoraro Scanio. Il problema è della democrazia malata italiana, che fa del Bel Paese la patria dei talenti senza carriere e delle carriere senza talenti. Trovo per questo motivo ragionevole l'altissimo livello di democrazia nella Svizzera dove gli elettori sembra che abbiano una possibilità di decidere, di fare e disfare enormemente maggiore che in Italia. Il fatto che la Svizzera non sia ancora andata a rotoli è un dato sperimentale positivo sull'acume degli elettori svizzeri (ma non è detto che i discendenti conservino le alte qualità degli antenati ). Ci fu il tempo della demagogia che coniò il termine "Chilometri Zero" che valeva sia per i cibi che per l'energia. La realtà nuda e cruda odierna ci dice invece che, per esempio, la Fantoni di Osoppo, tra le aziende del mobili per ufficio più importanti d’Italia, ogni anno che passa è obbligata a ricorrere a mercati sempre più lontani per approvvigionarsi della materia prima: il legname. La stampa locale ed in primis il Messaggero Veneto, dalla penna della giornalista Francesca Artico ci da conto con esultanza della centrale elettrica a biomasse (senza cogenerazione?) da 10 MW di potenza nella ZIAC, Zona Industriale dell'Aussa Corno. Se la giornalista esulta, la Fantoni probabilmente esulta un po' meno. Dati: per l’importazione di legname dall’estero l’Italia nel 2012 è stata il 6° importatore mondiale di legno, il 2° importatore europeo di legno (dopo UK), il 1° importatore di legno dai Balcani e dal Sud Europa, il 2° importatore europeo di legno tropicale, il 1° importatore mondiale di legna da ardere, il 4° importatore mondiale di cippato, il 1° importatore mondiale di pellet ad uso residenziale. L’Italia è il 1° partner commerciale per l’export del Camerun, della Romania, della Bosnia, dell’Albania, della Serbia. Alla luce di questi dati qualcuno mi sa dire se sia possibile che l’utente elettrico paghi, con le esose tariffe elettriche per le rinnovabili, la messa in difficoltà, non voglio ancora pensare ad una chiusura, d’un settore industriale come quello dedicato alla produzione di pannelli truciolati? Ora due conticini che non sono proprio quelli della casalinga di Voghera ma quasi ci si arriva. L’impianto da 10 MW elettrici di potenza dovrà avere una caldaia da circa 30 MW termici per poter produrre 72'000 MWh elettrici per anno e cioè con un utilizzo stimato di funzionamento di circa 7'200 ore per anno, pari a 300 giorni/anno. 30 MW termici per 7’200 ore anno sono pari a una energia termica corrispondente a 216'000 MWh. Il faggio anidro da circa 5 kWh/kg pertanto equivalente a 5 MWh/t. Poi avremo che 216'000 MWh termici/5 MWh/t= 43'200 t. Infine 43'200 t/24 t (autotreno o autoarticolato)=1'800 autotreni o autoarticolati all’anno. Ora 1'800 autotreni o autoarticolati anno/300 giorni/anno=6 autotreni o autoarticolati/giorno. Così è anche se a qualcuno non pare. Se non ci fossero le regalie di un mercato elettrico drogato nessuno si sognerebbe di fare un “non investimento” come quello annunciato e alla fine si può tranquillamente dire che a qualcuno vanno dei benefici (privilegi?) a scapito forse di centinaia di posti di lavoro che potrebbero essere delocalizzati per gli insostenibili costi. Ricordo che la Fantoni ha alcune realtà già consolidate all’estero.
Ma l’”esempio Fantoni” è paradigmatico di una situazione più generale che vede l’Italia produttiva (quella che consuma più energia) in ginocchio. Sembra proprio che tutto questo disastro politico-economico, voluto – bisogna dirlo – dagli italiani stessi che hanno bocciato l’energia nucleare col referendum (e in Giappone, nonostante le bugie della stampa di regime, stanno ricostruendo la centrale di Fukushima insieme alla realizzazione di altre due nuove di zecca), faccia capo ad un disegno perverso, mirante a distruggere il Popolo Italiano. A questo proposito bisogna dire che nella Costituzione c'è una grossa lacuna che riguarda la regolamentazione del potere monetario che è il più importante perché da questo dipendono l'indipendenza nazionale, la sovranità popolare, il diritto al lavoro, la giustizia, e quant'altro. Mi rifiuto di credere che a tutti i "padri" costituenti sia sfuggita questa mancanza, pertanto sono sempre più convinto che il non avere più una Banca Nazionale pubblica che obbedisca al governo in merito di emissione di moneta in termini di quantità, tasso di sconto, raccolta e distribuzione del denaro e controllo sulle banche private, è stata ed è, una cosa voluta. Probabilmente aver perduto una guerra sfortunata infarcita di sabotaggi e tradimenti a scapito dei soldati che hanno dimostrato, come sempre, il loro valore e a nocumento del Popolo Italiano, ha costretto i "padri"a stilare il documento principe della società Italiana in modo tale che le prerogative del controllo della moneta, siano nella disponibilità di altri e non della Repubblica Italiana stessa. Resta il fatto che l'attività bancaria creditizia è un'attività di interesse pubblico, di più, comprende l'esercizio del potere pubblico di creare moneta ergo non può essere lasciata alla libera ricerca del profitto imprenditoriale privato e, per quello che ne so,  ogni norma contraria è incostituzionale. Ora, non per soffiare sul fuoco, ma da tanti anni mi chiedo perché in Italia tutte le industrie di eccellenza, (nucleare, chimica, elettronica, aerospaziale, meccanica) sembra siano state sistematicamente e scientemente distrutte. Le conseguenze di questo lavoro certosino di smantellamento del tessuto industriale sono sotto gli occhi di tutti. Personalmente non penso che né la cucina, né la moda e né il turismo (ad esempio basta dare un'occhiata alle classifiche internazionali delle mete turistiche per rendersene conto) potranno compensare quello che l'Italia ha perso. E il risultato di questo scempio che dura da 40 anni è che Milano non corre più e non si sa quando potrà tornare a correre. Sono molto triste perché amo Milano e perché amo l’Italia.



jeudi 26 novembre 2015

Consiglio Supremo Difesa

Richiesta di Convocazione immediata del Consiglio Supremo di Difesa sulla questione Libia 





La petizione (data 23 Novembre 2015)

Visto e considerato:

L'evoluzione della sicurezza interna dei paesi europei, alla luce dei recenti attentati di Parigi;L'allargamento del conflitto in Siria ed Iraq con l'intervento di potenze terze (Russia, Francia, USA, Turchia, Iran) nella regione;
Il perpetuarsi della situazione di anarchia e guerra civile in Libia, unita al flusso di profughi e migranti nella regione ed all'assenza di azioni risolute per affrontare il tema;
Lo spostamento dell'attenzione di governi ed opinione pubblica dalle rotte marine a quelle terrestri per quanto riguarda il fenomeno migratorio;

hanno drammaticamente mutato il quadro presentato all'ultimo Consiglio Supremo del 21 ottobre u.s.,

URGE 

La riconvocazione straordinaria dello stesso Consiglio come previsto dalle vigente disciplina in materia (Decreto Legislativo del 15 marzo 2010, n. 66, in primis), con all'ordine del giorno le misure urgenti, a livello nazionale e di concerto con gli altri partners (comunitari, NATO ed ONU), relative alla situazione militare in Libia, in particolar modo i suoi riflessi sulla sicurezza interna.

Dove firmare 

BUONA CAUSA ORG 

CHANGE.ORG 


ASPETTI TECNICI 

Stiamo utilizzando al momento due piattaforme buonacausa.org echange.org. Sono stati riscontrati problemi tecnici di vario tipo (in entrambi il conteggio dei sostenitori della petizione è errato), ma stiamo approntando dei rimedi. Nel frattempo, chi ha firmato, ma non ha ricevuto una mail di conferma è pregato di conttare uno dei seguenti: Antonella Passacantilli, Massimo Bernacconi, Francesco Preti, sia in privato o come risposta a questo messaggio. 


Dove presentare il vostro sostegno alla petizione


  • Lasciate un commento qui sotto in questo blog






Approfondimenti sulla petizione




AGGIORNAMENTO PETIZIONE CSV DEL 26/11/2015

LOTTA ALL'ISIS

CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA: COSA E' e COSA FA'
Il Consiglio supremo di difesa è un organo di rilevanza costituzionale preposto all’esame dei problemi generali politici e tecnici attinenti alla sicurezza e alla difesa nazionale,previsto dall’art. 87 della Carta Costituzionale. Il Consiglio è presieduto dal Capo dello Stato ed è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai Ministri per gli affari esteri, dell’interno, dell’economia e delle finanze, della difesa e dello sviluppo economico e dal Capo di stato maggiore della difesa. In generale, il Consiglio costituisce sede istituzionale permanente per la discussione e l’approfondimento multidisciplinare delle problematiche relative alla sicurezza ed alla difesa.Il Consiglio supremo di difesa è strumento di dialogo e di confronto preventivo tra i responsabili dell’indirizzo politico in materia di difesa nazionale: attraverso esso i suoi componenti possono concorrere a definire criteri per il migliore esercizio delle rispettive singole competenze.

CONSIGLIO SUPREMO DIFESA DEL 21 OTTOBRE 2015

ESTRATTO DEL COMUNICATO STAMPA ULTIMA RIUNIONE (21/10/ 2015)
-Tutto va bene Madama la Marchesa-
1. Sulla base delle relazioni presentate dai Ministri degli Esteri e della Difesa, il Consiglio ha esaminato la situazione internazionale rilevando come la perdurante offensiva Daesh, il moltiplicarsi dei conflitti e l'instabilità nella regione mediterranea e nel vicino oriente, le crescenti ondate migratorie, nonché le difficoltà incontrate dalla Comunità Internazionale nella gestione delle crisi caratterizzino un quadro delle relazioni internazionali e della sicurezza in rapido e sensibile deterioramento in aree molto prossime all'Italia e all'Europa.
2. Il Consiglio ha quindi valutato i possibili riflessi della situazione sul territorio nazionale, illustrati dalla relazione del Ministro dell'Interno. In questo contesto, le risorse per la sicurezza e la difesa, bene impiegate con intelligenza e pragmatismo per prevenire prima ancora che per reagire, sono produttive per il benessere e lo sviluppo del nostro Paese.
3.L'Italia opera in seno alla Comunità Internazionale, con tutte le capacità di cui dispone, per la pacificazione e la stabilizzazione della Libia e, nello stesso tempo, per concorrere alla sconfitta dell'offensiva terroristica nei diversi teatri di crisi in cui essa si sviluppa e dai quali minaccia di investire il nostro stesso Paese.
CANDIDATI SENZA VOCE
1. Noi riteniamo che il consiglio supremo di difesa si debba riunire in seduta d'emergenza per rivalutare i rischi di sicurezza alla luce dell'attentato ISIS di Parigi, della situazione di continua allerta in Belgio ed in Francia, nonchè per riesaminare l'opera dell'Italia in seno alla Comunità Internazionale, in particolare l'impegno afghano ( da ridurre) e l'impegno libico, a cui dare alta priorità.
2. Riesaminare la decisione di ridurre il budget della difesa del 10% a partire dal prossimo anno. La prima priorità non è difendersi dai terroristi sul suolo italiano, che puo' portare a spiacevolissimi "danni collaterali", ma lasciare i terroristi fuori dalla porta.
3. Infine, questo organo supremo ha il dovere di comunicare ai cittadini lo stato dell'attuale allerta e le proprie linee di indirizzo in relazione ai cambiamenti che sono avvenuti dopo la riunione del 21 Ottobre 2015. 

AGGIORNAMENTO PETIZIONE CSV DEL 24/11/2015

E' appena un giorno che abbiamo lanciato la petizione e già abbiamo ricevuto centinaia di adesioni.
Chiediamo che il Consiglio Supremo di Difesa presieduto dal Presidente Mattarella si riunisca e decida strategie diplomatiche e di difesa per contrastare il terrorismo islamico per evitare che i terroristi entrino in Italia e compiano il macello che hanno compiuto a Parigi. Cio' che è accaduto sui cieli tra Turchia e Siria è la prova provata della delicatezza della situazione. Cosa aspettano a riunirsi non si sa, visto che altri paesi (Belgio e Francia) lo hanno già fatto.
Continueremo la petizione sino a quando questi "grandi papaveri" non si riuniranno . Stasera vogliamo riportare una frase di un aderente e rispondere.
Aderente CSV: - Sostanzialmente stiamo chiedendo a degli alti papaveri di riunirsi e decidere qualcosa. Ma mi pare che la realtà abbia già ampiamente dimostrato che essi non sanno decidere una beneamata ceppa.
CSV: noi invitiamo tutti gli aderenti CSV a firmare la petizione proprio per mettere questi alti papaveri di fronte alle loro responsabilità e perchè non dicano un giorno che non gli era stato detto o che avevano male interpretato. La loro infirgandaggine dovrà risultare cristallina, se il peggio dovesse diventare peggio.








lundi 23 novembre 2015

PETIZIONI IN LINEA

Petizioni in linea: quale piattaforma scegliere?


Il problema

Dopo una iniziale campagna con change.org in cui vi era un'assoluta congruità tra dichiarazioni di voto e conteggio dei sostenitori della petizione, le seguenti due campagne hanno mostrato un'assoluta incongruità tra dichiarazioni di sostegno e conteggio dei sostenitori. Alla seconda campagna abbiamo chiesto spiegazioni a change.org. Esse sono arrivate in ritardo e le risposte fornite non risposndevano alle domande sollevate. Nella terza campagna abbiamo verificato che change.org non forniva il riscontro di sostegno alla campagna via mail, ma solo ad alcuni. Si è pensato che vi fosse una procedura da seguire per avere la certezza di ricevere la registrazione di voto, ma tale procedura non è stata trovata. L'esperienza impone che change.org non ha una procedura stabile che permetta di registrare tutti quelli che danno sostegno alla campagna, ma solo quelli che in modo aleatorio indovinano la procedura per ricevere la mail. Detto in altro modo, ci sono persone che entrano in change-org, fanno vari click di adesione, ma essi non vengono registrati come sotenitori. L'interfaccia in inglese, invece che italiano, aumenta la probabilità di confusione per il sostenitore della campagna. L'esperienza diretta trova conferma in "Fare Petizioni" scritto da  Valerio Quatrano, il quale dice che change.org non ha "un sistema di statistiche interno per valutare l’andamento della campagna". In pratica il conteggio dei sostenitori non è assicurato da change.org. 





E' possibile risolvere il problema rimanendo in change.org?

Questo punto è da verificare. Bisognerebbe mettere un conteggio di click "positivi" tipo "like" al di fuori di change.org. In ogni caso change.org ha una "presenza dei bottoni sociali per condividere la pagina sui Social Network", ed inoltre ha la "possibilità di incorporare la petizione nel proprio sito web", ma non ha alcuna "possibilità per i sostenitori di creare delle pagine web per raccogliere firme in prima persona". In pratica se i click entrassero da FB  o dal blog verso change.org, allora si potrebbe fare il conteggio. Ipotesi tutta da verificare. 

E se usassimo Avaaz

Anche questa ipotesi è da verificare. Avaaz ha statistiche interne, permette la condivisione in FB e Twitter, ma non permette la condivisione sul proprio blog. Le statistiche interne "sembrano" una soluzione, ma su avaaz corrono voci di manipolazione delle campagne per scopi occulti dei proprietari di Avaaz. Sembra che l'unico vantaggio su change.org sia il fatto che l'interfaccia è in italiano. 

E se usassimo "Go Petition"?

Go Petition è senz'altro la piattaforma più potente per lanciare petizioni ed avere certezza dei risultati. Infatti bisogna "attivamente" sostenere la campagna. Non basta un semplice click, ma bisogna passare tutta una serie di informazioni. Il problema principale che l'interfaccia è in inglese. Quindi il sostenitore dovrebbe avere un vocabolario d'inglese superiore alla media italiana.  La strada non è percorribile per petizioni generali, ma solo specifiche e settoriali.

E se usassimo "buonacausa.org" ?

Buonacausa.org sembra la miglior soluzione, perchè offre gli stessi servizi di change.org, ma in più permette la "possibilità per i sostenitori di creare delle pagine web per raccogliere firme in prima persona". Inoltre buonacausa.org ha l'interfaccia in italiano. Sembra quindi la soluzione migliore. Da verificare chi c'è dietro questa organizzazione. 

How to be effective with your petition drive


Targets: Make sure to have links to the websites, blogs or profiles connected to the issue you are petitioning for or against.

Presence: Don’t leave your petition waiting to be noticed! Your petition should be unavoidable to be effective. Use social media outlets to their greatest potential. Create a Facebook Page or Group for the petition with links, information and space for people to share their personal stories. Personalization gets more attention than a form letter.

Social bookmarking: Consider e-mail to be the digital age equivalent to being hassled by petitioners with clipboards on street corners. Indiscriminate e-mail blasts are considered spam. Instead, spread the word on Twitter, Facebook and your blogs! Interlink as much as possible to spread the word. You can link the petition site back to Facebook and your blog to give it more heft.

Pros and cons to online petitions


Pros: The major upside is this: Here’s an easy way to get the word out about your cause and perhaps make a difference. Online petitions are particularly useful if you are mobilizing opinion on behalf of a cause while on a deadline. Demonstrating strong public opinion in mass quantities is especially useful if you’re racing the clock to a major vote or decision.

Cons: A few drawbacks come with petitioning online. First, there’s the “good deed syndrome,” sometimes called slacktivism: the notion that by filling out an online petition, a user considers that an “accomplishment” rather than becoming educated and involved. A second drawback is the “click and send effect” among petition gatherers: the notion that quantity beats quality. While the number of signatures is important, the quality of the petition and the input of the people signing it — eg., people taking time to write a message — proves more persuasive than raw numbers.

Last, consider your social capital. Author Clay Shirky writes about social capital in his books “Here Comes Everybody” and “Cognitive Surplus.” Social capital is what we gain from interacting within our community. The “I-do-for-you-and-you-do-for-me” ideology presents a social contract between individuals, and petitions play an important role in our civic space.

Risorse: links


http://www.informarexresistere.fr/2012/10/25/cose-avaaz-e-cosa-ce-sotto/

https://drive.google.com/file/d/0B0-pvZxxBB9IVEFpQzBzOVdxUDA/view?usp=sharing

http://www.socialbrite.org/2010/07/20/9-online-petition-tools-how-to-make-a-difference/

http://www.wallaceresources.us/PetitionSites.html


samedi 10 octobre 2015

Politica estera 1

Il debole della politica estera italiana

La politica estera si basa su tre pilastri fondamentali: la diplomazia (l'arte del convincere qualcuno), la cooperazione internazionale allo sviluppo (la carota della diplomazia) ed infine le forze armate (il bastone della diplomazia). Alcide de Gasperi dette un esempio ammirabile della pura arte diplomatica di un ministro che, appena uscito dalla guerra, non aveva nulla su cui appoggiarsi. Correva l'anno 1946 alla Conferenza di pace di Parigi

Dagli anni 60' sino agli anni 2000, l'Italia poteva contare su una cooperazione internazionale allo sviluppo dotata di budget astronomici e di forze armate di tutto rispetto. A questo si aggiungeva il dialogo continuo con il Vaticano, che forniva all'Italia uno spessore di Universalità che altrimenti non avrebbe avuto. Come stanno le cose ora? Cominciamo a descrivere la situazione dellla carota, poi del bastone. 

Gli impegni operativi internazionali della difesa

Questi sono gli impegni operativi aggiornati al 2014 ( Documento presentato al parlamento dal Ministro della Difesa). 

Come si nota la missione più numerosa è l'Afghanistan con 1872 effettivi impiegati in quell'area. Poi arriva la missione in Libano 1110 effettivi, il Kosovo con 555 effettivi, la Somalia con 232 effettivi. Mentre possiamo ritenere che il Libano, il Kosovo e la Somalia riguardano da vicino la politica estera italiana, questo non è il caso per l'Afghanistan. Tra l'altro la missione in Afghanistan è stata ridotta ad un mero supporto logistico delle alre forze armate. 

La tabella sotto  mostra  un paio di cose importanti: 
  • In rapporto ai costi annuali della difesa, il costo totale di tutte le missioni all'estero (500 milioni €) è poca cosa rispetto al bilancio della difesa ( 14 miliardi di €), circa 3.5%. Ma non è questo il problema. 
  • La maggiore riduzione in bilancio ltra il 2014 ed il 2015 lo si è avuto sugli investimenti (-28%). La quantità degli investimenti si riduce ulteriormente nel biennio 2016-2017 rappresentando una complessiva riduzione del 40% nel 2017 comparato al 2014. Se prima era importante selezionare bene gli investimenti, ora lo sarà ancora di più. Rischiamo di avere meno armi di qualità e quindi meno efficacia d'attacco e di protezione. E su questo punto ne parleremo ancora in prossimi articoli. 



La tabella sotto  mostra che a fronte di una spesa militare che si sta contraendo ( gli effettivi devono passare da 190.000 del 2015 a 150.000 nel 2017, bisogna concetrarsi su quanto è strategico per l'Italia.  Non possiamo permetterci di disperdere le nostre poche risorse su quanto non è strategico.  

Conclusioni difesa

In conclusione rischiamo di avere meno staff militare con un equipaggiamento più scarso e quindi meno incisivi in fase d'attacco e di difesa. In più i nostri militari sono troppo dispersi in varie missioni per il mondo di cui alcune di esse non sono prevalenti per la legittima difesa degli interessi italiani (leggasi Afghanistan).

Se poi ci raffrontiamo ai nostri partner, ci rendiamo conto di avere un budget della difesa che è almeno la metà di quella di Francia, Germania ed Inghilterra. In queste condizioni, vale il principio della concentrazioni di sforzi. 

Se vogliamo essere competitivi, dobbiamo quindi concentrare le nostre poche risorse su 3-4 Missioni: la Somalia, la Libia, il Libano ed il Kosovo. Chiudere le missioni che non forniscono un diretto supporto alla difesa dei legittimi interessi italiani. Dobbiamo inoltre diventare più selettivi negli investimenti per salvaguardare l'efficacia dei nostri militari sia in fase di attacco che di difesa. 

La cooperazione italiana  allo sviluppo dei paesi poveri

L’Italia ha destinato in aiuto pubblico allo sviluppo 3,4 miliardi di $ nel 2013, pari allo 0,17 per cento del proprio Pil e al 2,5 per cento del totale dei paesi donatori. Al contrario della media degli altri paesi donatori, la maggior parte dell’aiuto italiano raggiunge i paesi beneficiari tramite il canale multilaterale: oltre il settanta per cento (2.4 miliardi di $), infatti, consiste in fondi girati dal governo italiano alle istituzioni internazionali, specialmente all’Unione europea. L’Italia è il quarto maggior contribuente al budget della cooperazione allo sviluppo comunitaria dopo Germania, Francia e Regno Unito. Per la parte bilaterale, cioè di rapporti diretti fra il governo italiano e i paesi riceventi, una parte consistente degli 850 milioni di dollari totali è data dall’assistenza ai rifugiati in Italia, pari a 403 milioni. La cancellazione del debito ai paesi beneficiari, anche questa considerata parte dell’aiuto pubblico allo sviluppo, si è ridotta a poco più di tre milioni di dollari ma nel 2011 era un’altra delle voci più «pesanti»: 648 milioni, il 37% del totale. Tentiamo un’analisi di questo quadro. L’Italia ha certamente fatto passi avanti nel dare credibilità al proprio impegno per lo sviluppo. Come conferma l’esame effettuato dall’Ocse nel 2014, il nostro paese ha invertito la tendenza aumentando il volume dell’aiuto. Ma la limitatezza del canale bilaterale dà l’impressione di un paese al traino, che non ha una propria strategia chiara e si affida più alle agenzie multilaterali che a una propria pianificazione diretta con i paesi beneficiari. Non solo. Assistenza ai rifugiati e cancellazione del debito sono certamente voci fondamentali, tanto più che la seconda vincola in teoria i paesi altamente indebitati a impegnarsi in politiche di riduzione della povertà in cambio della cancellazione. Ma, come sottolineava lo scorso giugno il consigliere del Ministero degli esteri Iacopo Viciani, «in passato varie Ong, da ActionAid alla piattaforma Concord, avevano contestato che le operazioni di cancellazione del debito o le spese per sensibilizzare il pubblico ai problemi dello sviluppo globale o quelle per accogliere i rifugiati nel paese donatore o le spese amministrative e di gestione dei progetti fossero registrate come Aps. Non costituirebbero infatti un trasferimento effettivo di risorse al paese». Sarebbe, cioè, una forma di aiuto «passiva» non in grado di incidere sulle cause della povertà e non basata su una effettiva concertazione fra paesi donatori e beneficiari per individuare e realizzare interventi che portino ad esempio a un miglioramento dei sistemi sanitari ed educativi, a un potenziamento delle infrastrutture, a un rafforzamento del tessuto economico dei paesi che ricevono i flussi di aiuti. In Italia, riporta l’esame (peer review) Ocse 2014, il settanta per cento dell’aiuto pubblico allo sviluppo è gestito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e riguarda la cooperazione multilaterale, mentre al Ministero per gli affari esteri e la cooperazione internazionale (Maeci), che si occupa di cooperazione bilaterale compresi i finanziamenti a dono, resta un dieci-quindici per cento (tra i 340 ed i 530 milioni di $), il resto essendo gestito dalla Presidenza del Consiglio e da altri enti, fra cui le amministrazioni locali. 

Per quanto riguarda la cooperazione internazionale dello sviluppo, bisogna anche verificare per quale motivo sia gestita dal MEF invece che dal ministero degli esteri. Vi sono eventualmente vantaggi a fornire il 70% dei nostri fondi all'Unione Europea tramite il MEF? Che rapporto c'è inoltre tra fondi pubblici della cooperazione internazionale, imprese private ed ONG? Ricordandoci i tempi di De Michelis (PSI) abbiamo paura che le risposte non saranno tanto piacevoli....

La situazione dei notri diplomatici e del minitro degli Esteri Gentiloni

Come si capisce bene i nostri diplomatici non possono fare altro che larghi sorrisi, ma non hanno un retroterra che gli permetta di essere credibili quando promettono o minacciano. Non possiamo dire di essere forti nella cooperazione perchè il Ministero degli Esteri gestisce solo le briciole della cooperazione, e non possiamo nemmeno dire che facciamo paura perchè le nostre forze sono poche e ben disperse. 
Con questo livello di investimenti italiani direttamente gestiti dalla UE, noi abbiamo di fatto delegato la funzione di politica estera alla UE. 

Che fare? 

A fronte degli schiaffi internazionali che l'Italia ha subito recentemente la strategia della difesa che della cooperazione internazionale vanno cambiate:
  •  Per la difesa 
    • Bisogna selezionare meglio gli investimenti per mantenere un livello di efficacia accettabile per i nostri militari sia in fase di difesa che di attacco. 
    • Bisogna incrementare gli investimenti eventualmente riducendo ulteriormente il personale e tagliando programi inefficaci (leggasi l'acquisizione di F35)
    • Disimpegnarci dall'Afghanistan e fare tornare i nostri ragazzi a casa perchè prima o poi potrebbero essere utili in Liibia
  • Per la cooperazione internazionale dello sviluppo:
    • Ridurre la contribuzione italiana alla UE dal 70 al 30% (non oltre 1 miliardo di $)
    • Fornire al ministero degli esteri un budget di tutto riguardo ( circa 1,8 miliardi di €)



samedi 19 septembre 2015

Controllo Energia in Libia - Agosto 2015

CHI CONTROLLA PETROLIO E GAS  IN LIBIA? 


1. Gli assunti fondamentali

  • Per controllare petrolio e gas in Libia bisogna controllare tre cose senza soluzione di continuità dalla sorgente alla foce: (1) il sito di estrazione (2) il gasdotto o l'oleodotto sino alla costa del Mediterraneo (3) Il porto da cui partono le petroliere e/o il punto sulla costa dove i gasdotti e gli oleodotti entrano in mare.
  • Abbiamo tre forze in campo: (1) il governo di Tripoli vicino all'Italia (2) il governo di Tobruk vicino alla Gran Bretagna, Francia ed agli USA (3) le forze ISIS finanziate da Arabia Saudita e Qatar. 
  • Il concetto di controllo puo' essere "rigido" oppure "elastico". Rigido quando l'energia è controllata direttamente dalla sorgente alla foce da un solo gruppo (ISIS, oppure Tobruk, oppure Tripoli). Elastico quando il controllo è raggiunto attraverso un accordo tra due fazioni. Ad esempio l'ISIS controlla il campo di estrazione e parte del gasdotto, mentre Tobruk controlla il porto da cui partono le petroliere e parte del gasdotto. 

2. Come fare la verifica del controllo di energia

Si comparano tre mappe: (1) la mappa dei siti di estrazione mineraria (2) la mappa dei gasdotti ed oledotti (3) la mappa del controllo del territorio da parte di Tripoli, Tobruk ed ISIS. 

Infine da menzionare che il controllo del territorio puo' avere una quarta categoria: controllo instabile, controllo misto, controllo sconosciuto. Questi tre casi vanno tutti sotto la quarta categoria "controllo inverificabile"..

3. Comparazione mappe 

Nella mappa qui sotto notiamo le risorse in maniera dettagliata.  Dalla città di Zawiya ( quartiere Mellitah) si immette nel Mediterraneo il gasdotto che arriva a Gela. Mentre al porto di Tripoli arriva il petrolio che è estratto dal campo petrolifero "Elefante". Queste sono le principali fonti energetiche libiche usate in Italia. Poi abbiamo dei campi petrolferi a Sud della città di Sirte dove esiste un porto da cui le petroliere trasportano il petrolio in Europa. Ad Est di Sirte abbiamo il porto di Ras Lanuif che anch'esso trasporta petrolio in Europa. Tutto questo petrolio e gas era in mano ENI sino all'inizio della prima guerra libica dell'era moderna (Febbraio 2011). 



Ora vediamo il controllo del territorio ad Agosto 2015.  Il governo di Tobruk è penetrato a Sud di Zawiya probabilmente partendo da basi presenti a Sud della Tunisia. L'ISIS controlla la città Sirte.


4. Conclusioni 

Il controllo diretto del gasdotto Mellitah-Gela (zona di Zawiya ) è compromesso. Il governo di Tripoli potrebbe averne un controllo elastico previo accordo con le forze di Tobruk. La situazione è in continua evoluzione e non sono escluse interruzioni temporanee del gasdotto. 

Il petrolio diretto a Sirte puo' arrivare al porto solo previo accordo tra l'ISIS ed il governo di Tripoli. Anche qui non sono escluse interruzioni temporanee. 

Il petrolio diretto a Ras Lanuif  puo' arrivare al porto solo previo accordo tra l'ISIS, il governo di Tobruk e quant'altri controllano i campi petroliferi a Sud di Ras Lanuif. Anche qui non sono escluse interruzioni temporanee.  Ci troviamo in una zona di controllo inverificabile ed in continua evoluzione. 

Per il resto, i rimanenti campi petroliferi, gasdotti, oleodotti, porti, sono sotto il controllo rigido del governo di Tobruk, oppure del governo di Tripoli. Non si esclude che il "controllo rigido" nasconda degli accordi tra tribu' ed altre forze che non sono visibili ad occhi non libici. 

5. Links